"Non desiderare la casa del tuo prossimo..." DECIMO COMANDAMENTO



Decimo Comandamento

"Non desiderare la casa del tuo prossimo... né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo".

(Es. 20,17).

Siamo alla conclusione del percorso che abbiamo fatto sulle “Dieci Parole”. È meraviglioso questo comandamento nel guidarci secondo l’insegnamento di Dio. Dopo averci detto di non commettere adulterio e di non rubare, dopo averci proibito tutto ciò che tocca la vita, la famiglia e la proprietà del nostro prossimo, ora Dio ci avverte che neppure il desiderio di ciò che appartiene al prossimo ci deve sfiorare. È stupendo come Dio penetra sottilmente nella nostra psicologia. È , infatti, il desiderio che muove la nostra psiche e ci porta a ritenere piccola cosa aggirare i precetti per soddisfare la nostra voglia. “Ciascuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; poi il desiderio, concepisce e partorisce il peccato”.  Gc. 1,14,15.

Il decimo comandamento condanna l’avidità, la volontà disordinata di avere, nonché l’invidia per quello che gli altri hanno. Il comandamento non vieta il desiderio di avere qualcosa di bello o l’indignazione perché un altro viene preferito ingiustamente, ma solo il desiderio di modificare la situazione in modo tale che d’ora in poi gli altri siano poveri e io sia ricco, io innalzato e gli altri perennemente abbassati e degradati. Il comandamento non protegge solo l’altro dai miei appetiti disordinati, ma protegge anche me dall’avidità famelica e dall’invidia che rode e consuma fino a distruggere. L’una e l’altra cosa spesso fanno più male a noi stessi che agli altri.

La nostra società si concepisce sempre più come una pura società del bisogno, come una rete di bisogni e della loro soddisfazione. Dove però la vita è comandata sempre più da questa struttura del bisogno, lì diventa sempre più angusta e piccina. Lì c’è bisogno dell’azione correttiva della fede, perché nella fede si esprime una nostalgia che supera tutti i nostri bisogni.

Guai a chi è avido e ingiusto, a chi mette discordia nelle famiglie per questione di soldi e di eredità! Guai a chi, per ingordigia e malignità, toglie il pane di bocca a un proprio fratello, specie se anziano e indifeso, portandogli via il necessario alla vita! Dio non sopporta l'avido corrotto e cattivo.

L’importanza del decimo comandamento è ancora una volta più profonda. Esso si riallaccia in modo particolare al primo. Il desiderio di possedere può infatti diventare così violento da trasformarsi in idolo, da occupare il primo posto nel cuore e da contendere tale posizione a Dio. Ma allora si verifica quello che abbiamo constatato all’inizio: i surrogati di Dio rendono schiavi, precipitano l’uomo nell’eterna gara fatta di desiderio e di soddisfacimento del desiderio. La libertà e la vita esistono in ultima analisi solo presso Dio, che è più grande di tutto quello che possiamo raggiungere sulla via dell’avere.

Gli ultimi comandamenti in fondo ci dicono quindi che non dobbiamo lasciarci avvincere in maniera assoluta da alcuna realtà mondana. Dio solo può avanzare pretese assolute. Vivere insieme nella libertà di Dio: ecco il programma che ci propongono i Comandamenti.