"Non pronunciare falsa testimonianza" - OTTAVO COMANDAMENTO
Ottavo Comandamento
"Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo"
(Es. 20,16).
L'ottavo comandamento proibisce di falsare la verità nelle relazioni con gli altri. Questa norma morale deriva dalla vocazione del popolo santo ad essere testimone del suo Dio il quale è e vuole la verità. Papa Francesco sottolinea come “la comunicazione sia sempre in bilico tra verità e menzogna”, come falsare la verità attraverso le parole, i gesti, gli atteggiamenti e perfino i silenzi e le assenze, sia un impedimento alle relazioni e all’amore. Il vizio della lingua è molto diffuso e questo è l'unico peccato che sembra estendersi a tutti gli uomini e dal quale derivano mali infiniti. Quanto più falsa è la testimonianza contro il nostro prossimo, tanto più è maledetta dal Signore. Dio non sopporta il bugiardo e il maldicente per la malvagità del peccatore. La menzogna, come la bugia, può distruggere la stima, l'innocenza e rovinare la vita di una persona. Chi agisce è preda dell'odio, della vendetta, dell'avidità oppure dell'invidia. Guai all'impostore che alla menzogna, aggiunge la cattiveria! "Un testimone falso non rimarrà impunito, chi dice menzogne perirà" (Prov. 19,9). Dio vede, giudica, e prima o poi interviene: "il Signore ride dell'empio, perché vede arrivare il suo giorno". (Sal. 36,13).
In questo comandamento sono comprese due leggi: una che proibisce di dire falsa testimonianza; l'altra che comanda di pesare le nostre parole e le nostre azioni con la verità, eliminando ogni simulazione e menzogna.
La prima parte di questo comandamento, proibisce innanzitutto, la falsa testimonianza fatta in giudizio da chi ha giurato. In realtà, il testimone giura nel nome di Dio, prendendolo come garante della veridicità di quanto ha affermato, pur sapendo che Dio castigherà severamente i mentitori. Gesù ci esorta a non giurare, ma ad avere un solo linguaggio: "sì" o "no", ossia a non essere ambigui e ipocriti: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno" (Mt 5, 37). "La bocca infatti esprime ciò che sovrabbonda dal cuore. L'uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive" (Mt 12,34). Perciò, se è necessario mantenere casta la lingua, ancora più importante è mantenere puro il cuore. Evitiamo dunque di essere falsi e ambigui, mostrandoci veri nelle parole e negli atti, rifuggendo dalla doppiezza, dalla simulazione e dall'ipocrisia. Da questo comandamento è proibita non solo la falsa testimonianza, ma anche l'abitudine di denigrare gli altri, molte sciagure provengono da questa peste. L’ottavo comandamento, tra l’altro, impone anche di dichiarare la verità. Chi nasconde la verità e chi dice menzogna, sono ambedue colpevoli; il primo perché non vuol giovare ad altri; il secondo perché desidera di nuocere. Nelle sacre Scritture il demonio è chiamato padre della menzogna: non essendo stato saldo nella verità, è menzognero e padre della menzogna.
Uno dei peccati indubbiamente più gravi contro l’ottavo comandamento è la calunnia, che si compie quando si attribuisce al prossimo un male che non ha compiuto o un difetto che non ha. Il santo Curato d’Ars, in una splendida e celebre omelia sulla maldicenza ebbe a dire, “ogni calunniatore è un infame”. Così anche la maldicenza, la mormorazione che consiste nel comportamento di chi, “senza un motivo oggettivamente valido, rivela i difetti e le mancanze altrui alle persone che li ignorano” (C. Ch. Cat. 2477). Infine bisogna spendere qualche parola sul giudizio temerario, che consiste nel comportamento di chi “anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo” (C.Ch. Cat. 2477). Come si vede questo peccato consiste in ciò che comunemente si chiama “pensare male”. Concludiamo il discorso sulle varie forme di maldicenza spendendo qualche parola sui mezzi di comunicazione. La veracità delle informazioni e la loro integrità, devono essere esercitate sempre salvaguardando la giustizia e la carità e le modalità di divulgazione delle notizie deve essere rispettosa della dignità della persona. Il servizio della verità non può e non deve, in nessun caso, offendere la carità, deve essere oggettivo, non scadere nel giudizio e non incorrere nella diffamazione.