“AMARE CIO’ CHE NON APPARE”
C’era una volta un’allegra brigata di bambini che un giorno di luglio si sono incontrati per intraprendere un’avventura alla ricerca del vero Amore, quello con la A maiuscola.
E’ così che ha inizio quella “FAVOLA”di campo locale araldini dal titolo “AMARE CIO’ CHE NON APPARE”. E quale favola se non quella della “Bella e la Bestia” poteva aiutare i nostri animatori a spiegare ai bambini un tema così grande, così assoluto come quello della Carità cristiana. Bambini che passo dopo passo, giorno dopo giorno tra scenette, preghiere, canti di lode, momenti formativi, laboratori, giochi, balli, feste e banchetti hanno sperimentato la bellezza dell’essere fratelli al di là delle apparenze e delle differenze, mettendosi a nudo dinnanzi a quello specchio che come in ogni favola che si rispetti, anche nella nostra non poteva mancare.
Così come non poteva mancare neanche il mago incantatore, che è apparso ai nostri bambini una mattina portando con sé la sua speciale magia, ovvero la grande spiritualità francescana che ha pervaso tutti e tutto. Si tratta di frate Francesco Bellaera che dalla tanto lontana Modica, con indosso il suo saio marrone si è messo in cammino in direzione Augusta, senza dimenticare a casa la sua gioia festosa e contagiosa. Ha parlato dell’amore ai suoi piccoli e grandi ascoltatori in maniera semplice attirando tutti a sé come fa la calamita verso qualunque elemento di natura ferrosa.
AMARE, ha detto, è un verbo molto difficile, perché difficile è comprendere l’amore, difficile è amare, però al tempo stesso è necessario amare ed essere amati. L’ amore è sempre un grande mistero per noi; DIO ci ha creati per amare ed essere amati, ma l’amore di Dio è così grande che il nostro piccolo cuore non riesce a contenerlo tutto, tuttavia anela sempre a Lui.
Così quale Parola se non quella di Dio, che non sbaglia mai ed è verità, poteva guidare i nostri araldini nella loro ricerca.
Prendendo, dunque, spunto dalla famosissima”Lettera di San Paolo ai Corinzi” fra Francesco ha chiarito tutto ciò che non è Carità e tutto ciò che lo è.
La Carità non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia.
La Carità è paziente, benigna, tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, non avrà mai fine.
Parola dopo parola e facendosi aiutare dai bambini, sempre parte attiva di questo dialogo, è riuscito a trasmettere il senso profondo dell’amore cristiano, dell’amore di Dio.
Giungendo insieme a lui alla conclusione che l’Amore è concreto, non è un’idea, non è una parola, ma si tocca con le mani. Se l’amore che sentiamo nel cuore non raggiunge i nostri arti inferiori e superiori non è amore. Per dimostrare l’amore non occorrono tante parole, San Francesco d’Assisi diceva ai suoi frati:”Quando annunciate il Vangelo solo se necessario, usate le parole”.
L’amore si diffonde da sé stesso, ogni piccolo gesto d’amore darà i suoi frutti, non occorre vantarsi, l’amore non ha bisogno di pubblicità. E’ come una catena che non si spezza mai, l’amore ricevuto non deve essere trattenuto gelosamente per sé stessi, ma ridonato agli altri in altri modi.
L’amore non si adira ma aspetta e rispetta le scelte degli altri, la diversità degli altri, non fa categorie cioè distinzioni tra le persone. L’amore è gratuito e disinteressato. Dio non ci ama perché siamo i migliori, i più belli, i più forti….Dio ci ama e basta, così come siamo con i nostri pregi e i nostri difetti oltre l’apparenza.
Perciò dobbiamo imparare a metterci dinnanzi allo specchio totalmente a nudo, cioè nella verità, senza avere paura di vedere aspetti di noi che non ci piacciono, ma accettandoli e vedendo anche i talenti che a ognuno di noi sono stati donati per essere coltivati e dare frutto tutt’intorno.
Solo quando allo specchio riusciremo a vedere oltre l’apparenza, oltre alla pura immagine riflessa, andando nella profondità del nostro essere ci riscopriremo belli nei nostri pregi e nei nostri difetti e ci vedremo con gli occhi di Dio; belli e unici così come siamo, riuscendo ad amarci come fa Lui.
Per comprendere questo passaggio ci può essere d’aiuto il personaggio della Bestia che provava disprezzo della sua immagine allo specchio ma che solo riuscendo ad amarsi attraverso l’amore donatogli da Belle riuscì a riscoprire sé stesso, il vero sé stesso quello che andava al di là dell’apparenza e di cui si era innamorata la giovane ragazza.
Non solo con le parole ma ancor di più con il gioco dei laccetti fra Francesco è riuscito a comunicare l’amore, dando ad ogni bambino un laccetto colorato e facendo fare loro un bel cerchio in cui ognuno legava il proprio laccio a quello dell’altro attraverso un nodo. Se io ti voglio bene mi lego a te con un nodo molto stretto perché stretto è il legame d’amore. Però il laccio ogni tanto si rompe così come i legami tra le persone. Come intervenire dunque se non risanandolo attraverso un nodo? Alla stessa maniera i nostri legami possono essere risanati, ai nostri litigi alle nostre mancanze c’è sempre un rimedio, il rimedio è un NODO che si chiama PERDONO. Ma la cosa che sorprende è che tagliando il laccio e poi riannodandolo esso si accorcia questo potrebbe sembrare un aspetto negativo, ma nei rapporti umani succede che il nodo del perdono accorcia la distanza tra gli individui ottenendo l’effetto di avvicinarli, quindi c’è solo da guadagnarci. Tutto ciò che sembra allontanarci da Dio e dagli altri in realtà ci avvicina sempre più a loro. Più si litiga più ci si conosce a fondo. Abbiamo bisogno di chiederci perdono gli uni gli altri e ritornare sempre a Dio. Nel fare questo non dobbiamo perdere tempo e come la Bestia far trascorrere 21 anni per comprendere e agire quando l’ultimo petalo della rosa inesorabilmente cade giù ad indicare lo scorrere incessante del tempo.
Noi spesso ci prendiamo tempo per comprendere le situazioni, in realtà così facendo perdiamo il tempo. Perdendo il tempo, perdiamo delle occasioni che ci allontanano dalle persone. Nell’amore rimandare equivale al non fare e quindi a perdere delle opportunità per fare il bene, Il tempo è prezioso e va sfruttato bene perché vola e non torna indietro. O per dirlo meglio possiamo adoperare le parole della canzone di Malika Ayane Senza fare sul serio:”Lento può passare il tempo, ma se perdi tempo poi ti scappa il tempo,l’attimo…..” che ci ha riportato alla memoria proprio fra Francesco. Quindi non si poteva non concludere questa giornata se non parlando con gli araldini più grandi, nuovi di confessione, cresima e comunione del Perdono d’Assisi il più grande dono che Dio abbia potuto fare a San Francesco e di conseguenza a tutti noi.
Accadde una notte del 1216 mentre Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, a lui tanto cara, di vedere in visione sopra all’altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Gli chiesero allora cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata:”Santissimo Padre, benchè io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”.
Egli stava chiedendo ed ottenne da Cristo per opera del Suo allora vicario in terra Papa Onorio III, l’Indulgenza Plenaria dei peccati.
L’Indulgenza Plenaria ci riporta all’innocenza battesimale. I peccati da noi commessi sono come ferite nella nostra anima, l’assoluzione che ci dà il sacerdote cura queste ferite, ci mette i punti, ma resterà comunque la cicatrice. L’Indulgenza Plenaria è come un intervento di chirurgia estetica che fa sparire il segno della cicatrice. Queste le semplici parole con cui fra Francesco ha insegnato ai grandi araldini l’importanza dell’indulgenza plenaria. E in maniera altrettanto chiara ha parlato del peccato come di una rottura dell’amore con Dio, con gli altri, con noi stessi, rottura che può essere sanata solo con il perdono del peccato. Perdono che i nostri ragazzi e tutti i presenti , a tarda sera, hanno sperimentato in un emozionante momento di preghiera durante il quale ognuno ha ricevuto, grazie a padre Maurizio, l’unzione con l’olio dei neocatecumeni, sul palmo delle mani e poi ha asciugato le mani con un fazzoletto di carta sul quale ha poi scritto un peccato da perdonare, il nome di una persona da perdonare o a cui chiedere perdono. Infine tutti i fazzoletti sono stati appesi ad un filo a simboleggiare il perdono ottenuto in abbondanza dal nostro Dio e Padre Misericordioso.
E a conclusione del campo perché non costruire quella piccola chiesetta della Porziuncola tanto preziosa per San Francesco e cuore dell’Ordine Francescano. Simbolicamente, mattone dopo mattone i nostri araldini hanno edificato insieme a San Francesco questa meravigliosa chiesa divenuta famosa in tutto il mondo proprio per il Perdono d’Assisi, grande festa che inizia a mezzogiorno del 1° agosto e si conclude a mezzanotte del 2 agosto, giorni nei quali l’indulgenza qui concessa tutti i giorni dell’anno, viene estesa alle chiese parrocchiali e francescane di tutto il mondo. A sottolineare l’ingresso in questo luogo di indulgenza due brevi iscrizioni una incisa sulla soglia della chiesetta “Hic locus Sanctus est” (Questo luogo è Santo) e l’altra collocata alla base dell’affresco sopra la porta “Haec est porta vitae eternae” (Questa è la porta della vita eterna).
Quindi cosa aggiungere se non un grazie infinito a tutti coloro che tanto saggiamente hanno progettato un campo così ricco di contenuti rivelati nella maniera più naturale possibile.
Eleonora Bari